Armando Adolgiso, Cosmotaxi, 11 Giugno 2024

Lorenza Amadasi

Molti anni fa… primi anni di questo secolo?... forse, durante una gran Fiera patafisica organizzata da Afro Somenzari a Casalmaggiore, conobbi lui e la sua compagna: la scrittrice Lorenza Amadasi.
Di complessione fisica piccola, emanava una silenziosa energia accompagnata da una sontuosa timidezza che, però, conosceva a tratti lampi di risolutezza più infantili che adulti; una sorta d’insopprimibile scoppio di gioco. Poi, di colpo, a quella breve esplosione seguiva un nuovo rinchiudersi in una nuvola. Come notai a fine serata quando cenai a casa sua e di Afro, pronunciò pochissime parole mentre se non ciarliera, questo no, aveva prima ciacolato un po’ qui e un po’ là.

Lorenza non c’è più, Ha perso la vita in un incidente automobilistico che vide gravemente ferito Afro e dove morì anche il cane lupo che era in macchina con loro. Di lei conservo l’intenso ricordo del suo volto che scorre fra i furiosi scatti di fotogrammi singoli d’un film.

Ecco parole scritte su di lei.
La successione dei nomi che seguono è disposta per ordine alfabetico.

In foto Lorenza e Afro

 

 

 

 

 

da Elia Malagò.

“Con Lorenza è sempre stata una mezza battaglia che nessuna delle due avrebbe voluto ma anche un po’ sì. Bordarla, almeno, andarci vicino e poi darsi delle matte sull’apertura irresistibile del suo sorriso. Incontrarla e sentirla accanto. Saperla lì. Con Afro, me fradel.
Lorenza e l’ironia, Lorenza e l’autoironia, la leggerezza di butterfly che si posa improvvisa nel cono d’ombra che neanche si intravvede, ma lei ha già sbarlumato chissà in qualche rapido volo di perlustrazione mentre tu cerchi le chiavi, il pass, le vie di fuga… casomai.
Svagata, imperdonabile e presente di testa – figurarsi il cuore – , sempre un passo più in là delle rotule altrui, la testa un po’ all’indietro e lo sguardo di sguincio (…) Nello sguardo la grazia della salvezza, il senso ultimo dell’esserci: tornare, consapevolmente, bambini, perché “I bambini non ricordano il freddo / Soffiano sulla neve perché scotta / Scivolano fino alle ginocchia / Nella bianca terra / Una luce li circonda / E li riscalda”.
E “Bambini siamo arrivati sempre”.

da Gino Ruozzi

“Lorenza manifesta nelle pagine di «Quando nessuna mano» anche una felice vena aforistica. Il tema dell’«errore» la avvicina a Ennio Flaiano e le fa dire cose tanto belle quanto vere: che «nella poesia l’errore è una piega a volte necessaria» e che «uscire dalla via principale per errore ci fa conoscere strade e luoghi migliori». Infine, un illuminante e terapeutico ‘ricordo’ di impronta guicciardiniana, preziosa eredità per ognuna e ognuno di noi: «Se mi amo mi curo».

da Frediano Sessi.

“Lorenza, fin dai suoi vent’anni o poco più, aveva scelto di dare ascolto alle «buone voci» che incontrava nei giorni e nelle notti della sua giovinezza.
Ascolto che la sorprende ammaliata dallo spettacolo della natura e insieme «assetata» di buone voci, della presenza di quel ragazzo, Afro, che solo può dare «senso» al suo ingresso nel mondo.
Lo si comprende bene oggi, leggendo le sue pagine e ritrovandola dentro le parole scritte tra le righe di un quaderno di terza elementare (… ) In quel lontano passato che è divenuto ogni giorno il mio presente, «il tempo era tutt’uno, se sognavo la morte era perché non esisteva, non era contemplata»”.

Per leggere pagine di Lorenza Amadasi:

Il fiore e le cento stelle.
Quando nessuna mano.

Ricominciare 8.

Utenti online